Cesare Battisti

4 febbraio 1875 – 12 luglio 1916

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro al Valor Militare 
«Esempio costante di fulgido valore militare, il 10 luglio 1916, dopo aver condotto all’attacco, con mirabile slancio, la propria compagnia, sopraffatto dal nemico soverchiante, resistette con pochi alpini, fino all’estremo, finché tra l’incerto tentativo di salvarsi voltando il tergo al nemico ed il sicuro martirio, scelse il martirio. Affrontò il capestro austriaco con dignità e fierezza, gridando, prima di esalare l’ultimo respiro: “Viva l’Italia!” e infondendo così con quel grido e col proprio sacrificio, sante e nuove energie nei combattenti d’Italia. Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916»

Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Croce di Guerra al Valor Militare
«Addetto al comando del distaccamento, sfidando ripetutamente il fuoco avversario, riusciva, più volte, a portare ordini alle truppe operanti per la conquista di un’aspra e difficile posizione avversaria. Punta dell’Albiolo, 21 agosto 1915»

Quando l’Italia entra in guerra contro l’Austria. Battisti si arruola volontario e viene inquadrato nel Battaglione Alpini Edolo, 50ª Compagnia. Combatte al Montozzo sotto la guida di ufficiali come Gennaro Sora e Attilio Calvi. Per il suo sprezzo del pericolo in azioni arrischiate riceve, nell’agosto del 1915, una medaglia di bronzo, trasformata successivamente in medaglia d’argento. Dopo essere stato promosso tenente, viene trasferito ad un reparto sciatori al Passo del Tonale e successivamente, al Battaglione Vicenza del 6º Reggimento Alpini, operante sul Monte Baldo nel 1915 e sul Pasubio nel 1916.
Nel maggio 1916 si trova a Malga Campobrun, in attesa dell’inizio della famosa Strafexpedition , preparando la controffensiva italiana. In luglio il Battaglione Vicenza, formato dalle Compagnie 59ª, 60ª, 61ª e da una Compagnia di marcia comandata dal tenente Cesare Battisti, di cui è subalterno anche il sottotenente Fabio Filzi, riceve l’ordine di conquistare il Monte Corno di Vallarsa (1765 m) sulla destra del Leno in Vallarsa, occupato dalle forze austro-ungariche. Nelle operazioni, molti Alpini caddero sotto i colpi dei Landesschützen austriaci, mentre molti altri furono fatti prigionieri. Tra questi ultimi si trovavano anche il sottotenente Fabio Filzi e il tenente Cesare Battisti stesso che, dopo essere stati riconosciuti, furono tradotti e incarcerati a Trento. l 12 luglio 1916, fu condotto insieme a Fabio Filzi davanti al tribunale militare, che aveva sede al Castello del Buonconsiglio, al tempo adibito a caserma delle truppe austro-ungariche. 

Durante il processo non si abbassò mai alle scuse, né rinnegò il suo operato e ribadì invece la sua piena fede all’Italia. Respinse l’accusa di tradimento a lui rivolta, basata sul fatto d’essere suddito asburgico passato alle file nemiche e deputato del Reichsrat. Egli si considerò invece soltanto un soldato catturato in azione di guerra.

« Ammetto inoltre di aver svolto, sia anteriormente che posteriormente allo scoppio della guerra con l’Italia, in tutti i modi – a voce, in iscritto, con stampati – la più intensa propaganda per la causa d’Italia e per l’annessione a quest’ultima dei territori italiani dell’Austria; ammetto d’essermi arruolato come volontario nell’esercito italiano, di esservi stato nominato sottotenente e tenente, di aver combattuto contro l’Austria e d’essere stato fatto prigioniero con le armi alla mano. In particolare ammetto di avere scritto e dato alle stampe tutti gli articoli di giornale e gli opuscoli inseriti negli atti di questo tribunale al N. 13 ed esibitimi, come pure di aver tenuto i discorsi di propaganda ivi menzionati. Rilievo che ho agito perseguendo il mio ideale politico che consisteva nell’indipendenza delle province italiane dell’Austria e nella loro unione al Regno d’Italia. »
Dal verbale dettato dallo stesso Battisti durante il processo
Alla pronuncia della sentenza di morte mediante capestro per tradimento, Battisti prese la parola e chiese tramite l’avvocato d’ufficio, invano, di essere fucilato invece che impiccato, per rispetto alla divisa militare che indossava. Il giudice gli negò questa richiesta. Si procedette invece ad acquistare alcuni miseri indumenti da fargli indossare, dando esecuzione alla sentenza due ore dopo la sua lettura.
L’esecuzione avvenne nella Fossa della Cervara, sul retro del castello. Le cronache riportano che la prima volta il cappio si spezzò e che il carnefice ripeté l’esecuzione con una nuova corda. Un testimone diretto, raccontò che, qualche ora prima dell’impiccagione, aveva chiesto al boia (Josef Lang, venuto da Vienna e chiamato ancora prima che il processo iniziasse) come sarebbe stata fatta. Questi glielo fece vedere, passando una corda sottile attorno al collo di un assistente e fissandola poi a un gancio. Richiesto se proprio quella era adatta per l’esecuzione, il Lang rispose che la corda buona la teneva nella valigia, donde effettivamente poi l’estrasse quando la prima si spezzò, il che sta a significare che già era stato deciso che il supplizio sarebbe stato ripetuto.
Cesare Battisti affrontò il processo, la condanna e l’esecuzione con animo sereno e con grande fierezza, nonostante la misera esposizione durante il tragitto in città, il fatto che fosse stato condotto alla forca vestito quasi di stracci e che non gli si permise di scrivere alla famiglia, ma solo di dettare ad uno scrivano una lettera diretta al fratello Giuliano. Secondo la versione accreditata dalla storiografia italiana morì gridando in faccia al carnefice ed ai numerosi spettatori: Viva Trento italiana! Viva l’Italia!.

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